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SCAVI ARCHEOLOGICI DI POMPEI
Nell'area degli scavi archeologici di Pompei è stata portata alla luce l'antica città romana distrutta tragicamente a seguito di una delle eruzioni del vicino vulcano Vesuvio, avvenuta nell'anno 79 d.C. Già alcuni anni prima - nel 62 d.C. - un terribile terremoto, premonitore della ben più grave catastrofe che si sarebbe abbattuta sulla città di lì a pochi anni, colpì Pompei e la città di Ercolano nonché altri centri della Campania. Pompei fu gravemente danneggiata, ma subito cominciò l'opera di ricostruzione. Diciassette anni più tardi, mentre i lavori continuavano a procedere a ritmo sostenuto (ed anche se gli edifici pubblici erano ancora quasi tutti da restaurare), la città e i suoi abitanti vissero una tra le più grandi tragedie della storia antica che oggi, cristallizzata nel tempo e in quell'attimo, è stata riportata in superficie divenendo il secondo sito archeologico più visitato al mondo. Pomperi Pompei
Dal vesuvio una grande nuvola:
Sin dall'alba del 24 agosto di quell'anno 79 apparve sul Vesuvio una grande nuvola a forma di pino. Alle dieci del mattino i gas che premevano dall'interno fecero esplodere la lava solidificata che ostruiva il cratere del vulcano, riducendola in innumerevoli frammenti, i lapilli, i quali furono scagliati su Pompei, insieme con una pioggia di cenere così fitta da oscurare il sole. Fra terribili scosse telluriche ed esalazioni di gas venefici, la città cessò d'esistere quello stesso giorno, rimanendo per secoli sepolta sotto una coltre d'oltre sei metri di cenere e lapilli. Si è calcolato che sui circa diecimila abitanti che doveva avere in quel periodo Pompei, circa duemila sarebbero state le vittime, alcune avvelenate dai gas durante la fuga, altre stritolate nelle loro stesse case dai tetti crollati sotto il peso dei lapilli. Della città quasi si perse la memoria, al punto che, quando alla fine del XVI secolo l'architetto Domenico Fontana, nel costruire un canale di derivazione del Sarno, scoprì alcune epigrafi e persino edifici con le pareti affrescate, non vi riconobbe i resti dell'antica Pompei. I primi veri scavi nell'area di Pompei ebbero inizio nel 1748 per volontà del re Carlo di Borbone, anche se furono piuttosto irregolari e non seguirono alcun metodo scientifico. Spesso gli edifici man mano portati alla luce venivano spogliati di oggetti ed opere d'arte e quindi nuovamente ricoperti. Nella prima metà dell'Ottocento i lavori procedettero molto più speditamente, e portarono all'esplorazione di molti edifici privati e di quasi tutto il Foro. Dal 1860, con l'avvento del Regno d'Italia, i lavori affidati alla direzione di Giuseppe Fiorelli furono condotti con sistematicità e rigoroso metodo scientifico. Il Fiorelli intuì fra l'altro la possibilità di ottenere calchi dalle vittime dell'eruzione colando del gesso liquido nel vuoto lasciato dai corpi, ormai dissolti, nella cenere solidificata: questi calchi, nell'Antiquarium di Pompei, costituiscono una delle più tragiche testimonianze della catastrofe. Oggi Pompei ci appare in quasi tutta la sua estensione e ci riporta al giorno in cui il destino fermò il corso della sua storia. Le scritte elettorali sui muri, le suppellettili domestiche, le botteghe, tutto sembra ancora vivo: la tragedia di Pompei non ha distrutto la città, vi ha solo fermato il tempo per restituircela con l'aspetto che essa aveva in quel preciso giorno del 79 d.C..
La data dell'eruzione:
La data dell'eruzione del 79 d.C. ci è stata trasmessa da Plinio il giovane attraverso una lettera in cui si legge "nonum kal. septembres" cioè il 24 agosto. Questa data era contenuta nella variante universalmente ritenuta più attendibile del manoscritto ed è stata accettata come sicura fino ad oggi, anche se alcuni dati archeologici via via emersi mal si accordavano con una data estiva. Dati archeobotanici e archeologici che sono stati analizzati negli ultimi anni hanno permesso di accertare che la data del 24 agosto è sicuramente errata, e l'antica eruzione si deve collocare almeno dopo l'8 settembre e considerando anche altri dati archeologici (come l'accertata conclusione della vendemmia), è plausibile ipotizzare una data ancora successiva e pienamente autunnale.
Monumenti:
Porta Marina: l'ingresso principale agli scavi è attualmente la Porta Marina, che nell'antichità non costituiva uno degli accessi più importanti della città, a causa della forte pendenza della strada che la rendeva impercorribile ai carri. La porta d'epoca piuttosto recente ed in opus incertum, presenta due passaggi, entrambi coperti a volta, uno per i pedoni e l'altro per chi andava a cavallo.
Villa Imperiale: nei pressi della porta, un cancelletto dà accesso alla cosiddetta Villa Imperiale, con un lungo portico realizzato davanti alle mura e databile alla fine del I secolo a.C. Interessantissima è la decorazione pittorica del triclinio, piuttosto complessa, che presenta tre grandi pannelli con Teseo che sconfigge il Minotauro, Arianna abbandonata da Teseo e Dedalo ed Icaro.
Antiquarium: l'Antiquarium di Pompei, fondato nel 1861 e distrutto dai bombardamenti durante l'ultimo conflitto mondiale, è stato ricostruito nel 1948 secondo moderni criteri museografici, in modo da offrire un quadro il più possibile completo della storia della città. Nell'ingresso sono sistemate alcune sculture provenienti da edifici pompeiani, mentre alle pareti sono rappresentate pitture di IV stile provenienti dal Portico dei Triclini. La prima sala ospita reperti della Pompei presannitica: particolarmente interessante è il materiale dalla necropoli dell'età del Ferro (IX-VIII secolo a.C.) della Valle del Sarno; alle pareti sono sistemate delle terrecotte architettoniche templari; frammenti di bucchero, di ceramica attica e corinzia rinvenuti nella zona del tempio d'Apollo trovano posto in una vetrina sul fondo della sala. Nella seconda sala è un frontone figurato in tufo proveniente da un tempietto prostilo del III-II secolo a.C. che sorgeva sulla collina di Sant'Abbondio; al centro del frontone è un tirso ornato di bende, con a sinistra Dioniso-Libero e a destra Libera, semisdraiata; negli angoli estremi del frontone sono raffigurati, dal lato di Libera, un Erote sorreggente un flabello ed un'oca; dal lato di Dioniso, un Sileno ed una pantera. Davanti al frontone è sistemata l'ara di tufo rinvenuta dirimpetto al tempio: resa incisa, su entrambe le facce, un'iscrizione osca col nome dell'edile Maras Atiniis, che l'aveva dedicata grazie al denaro ricavato dalle multe. Ai lati della sala s'ammirano alcuni capitelli figurati in tufo del III-II secolo a. C. provenienti da alcune case della Via Nolana. La statua ammantata di Livia, raffigurata come sacerdotessa, è stata rivenuta nella Villa dei Misteri. Nella sala sono esposti anche alcuni ritratti, tra cui uno di Marcello, nipote di Augusto, e due erme, rispettivamente di Vesonius Primis e di C. Cornelius Rufus. La terza sala è riservata alle suppellettili domestiche pompeiane: al centro è una vasca bronzea della Casa del Menandro. Nel mezzo della quarta sala, illustrante la vita commerciale ed economica di Pompei, sono i plastici del Portico dei Triclini e della Villa rustica di Boscoreale, la quale comprendeva la dimora padronale, un panificio, una macina per il grano, torchi per il vino, un torchio per l'olio, un fienile, una cella vinaria e le abitazioni per gli schiavi. Nelle vetrine si trovano numerosi strumenti di lavoro, resti carbonizzati di vivande, stufe, lanterne e strumenti chirurgici. Nell'Antiquario sono, inoltre, esposti alcuni drammatici calchi in gesso delle vittime dell'eruzione.
Foro: uscendo dal Museo si riprende la Via Marina; subito sulla destra s'incontrano i pochi resti del Tempio di Venere e quindi la Basilica, affacciata sul Foro. Situato nel luogo di un importante nodo stradale, il Foro costituiva il centro politico, religioso ed economico di Pompei. La piazza, di notevoli dimensioni (m 38x142), appariva circondata per tre lati da un porticato, mentre il lato nord era chiuso dal Tempio di Giove (Capitolium) e da due archi onorari. Il porticato del lato meridionale, a doppio ordine, era in tufo di Nocera e risaliva all'età sannitica. Suoi due rimanenti lati si notano invece colonne e trabeazioni in travertino, testimonianza di un rifacimento iniziato in età giulio-claudia che non poté essere portato a termine. In quello stesso periodo si provvide a sostituire la pavimentazione della piazza in tufo con quella attualmente visibile, in travertino. Per interdire poi l'accesso nel Foro ai veicoli, il portico venne costruito ad un livello più alto della piazza, alla quale è collegato da due gradini. Restano solo le basi delle numerose statue onorarie che s'innalzavano nel Foro: probabilmente queste non erano state ancora ricollocate al loro posto dopo il terremoto del 62, che doveva averle seriamente danneggiate. Esemplare per la sua felice ed armoniosa disposizione, il Foro di Pompei, più che a modelli italici e romani, sembra ispirato ad esempi del mondo greco-ellenistico.
Basilica: tra gli importanti edifici che si affacciano sul Foro c'è la Basilica; il luogo in cui veniva amministrata la giustizia, ma anche luogo d'incontro e di discussione degli affari. A pianta rettangolare, è divisa in tre navate, con copertura a doppio spiovente retta dalle colonne centrali e dalle semicolonne della parte superiore delle pareti, dove restano decorazioni in primo stile. Sembrerebbe risalire alla seconda metà del II secolo a.C., nell'ambito del progetto di monumentalizzazione della città e costituirebbe perciò, uno dei più antichi esempi di questo tipo di costruzione. L'ingresso, contrariamente a quanto avveniva in altri edifici simili d'epoca posteriore, era su uno dei lati minori, mentre sul lato opposto si trovava il tribunal, la tribuna con i seggi dei giudici, raggiungibile con scale di legno. Recenti scavi hanno permesso d'accertare che la Basilica di Pompei era coperta probabilmente con un'unica capriata.
(Questo articolo è rilasciato sotto i termini della GNU Free Documentation License. Esso utilizza materiale tratto dalla voce di Wikipedia: "Scavi archeologici di Pompei". )
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